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2004

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2005

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Un interessante articolo apparso sulla rete nel sito magazine.enel.it

 
Il meglio della rivista di comunicazione e tecnologia tradotto in italiano

L'URAGANO IVAN

è una delle tempeste più violente abbattutesi sull'Atlantico di recente. Ma secondo gli esperti di clima, in futuro il ripetersi di eventi del genere avverrà molto più di frequente, in virtù del fenomeno del riscaldamento globale. «Il riscaldamento globale sta creando condizioni particolarmente favorevoli allo sviluppo di uragani che diventeranno via via sempre più potenti», spiega Kevin Trenberth, capo della sezione Analisi climatiche del National Center for Atmospheric Research di Boulder, in Colorado. Sebbene pochi esperti del settore ammettano apertamente la cosa, è indiscutibile che attualmente la Terra trattiene più energia solare che in passato. Le emissioni di gas come l'anidride carbonica creano un ulteriore filtro che impedisce al calore di disperdersi nel cosmo. L'energia extra prodotta da tale "effetto serra" ha già generato un aumento di circa un grado della temperatura del pianeta, stando a quanto affermato nella relazione del 2001 dell'Intergovernmental Panel on Climate Change. Il rapporto si basa su osservazioni e studi di oltre 2500 scienziati di circa cento paesi.

Come nasce un uragano

Per formarsi, gli uragani hanno bisogno di acqua calda, e gli oceani si stanno surriscaldando, fenomeno dimostrato dal fatto che il livello globale dei mari si è alzato negli ultimi dieci anni di oltre tre centimetri, continua Trenberth. L'aumentare del caldo, infatti, è il principale responsabile dell'innalzamento delle acque del pianeta, in virtù della cosiddetta espansione termica, lo stesso processo per cui una pentola d'acqua messa a riscaldare su un fornello finisce per traboccare. Il surriscaldamento degli oceani non procede in maniera uniforme - il nord Pacifico e il nord Atlantico nello stesso decennio si sono mantenuti più freschi - ma il medio Atlantico e le acque caraibiche, dove di solito si generano gli uragani, hanno visto un considerevole aumento delle temperature e, quel che è più importante, una concentrazione significativamente maggiore di vapore acqueo nell'aria.

Il vapore acqueo e l'umidità dell'aria sono il combustibile privilegiato degli uragani. Per riuscire a produrre abbastanza vapore acqueo da formare un uragano un oceano deve raggiungere minimo una temperatura di 27 gradi. La ricerca del team di Trenberth ha stabilito che i livelli di vapore acqueo nella zona degli uragani oggi sono in media il 15 per cento superiore a quelli di 20 o 30 anni fa. Quali saranno le conseguenze? Forse più tempeste di categorie 4 o 5? «È una conclusione logica, sebbene per certi versi controversa», commenta Trenberth. Prima di investire Cuba, Ivan era un categoria 5 della scala Saffir-Simpson, che classifica gli uragani con valori compresi tra l'uno e il cinque a seconda della velocità dei venti e del potenziale distruttivo. Nei categoria 5 il vento soffia costantemente a oltre 300 chilometri orari. All'epoca Ivan aveva raggiunto i 400, affermandosi come sesto uragano più potente mai registrato nel bacino Atlantico.
 

Impossibile fare previsioni

Per formarsi gli uragani hanno bisogno di condizioni idonee: acqua calda e alta concentrazione di vapore sono solo due degli ingredienti irrinunciabili, precisa David Battisti, esperto di scienze atmosferiche alla University of Washington. Ma il riscaldamento globale sta significativamente incrementando le possibilità di uragani e cicloni più violenti e più intensi. Dove si verificheranno tali eventi, prosegue Battisti, è difficile da prevedere. Le zone tradizionalmente interessate dagli uragani potrebbero non vedere nessun cambiamento, mentre paesi che non ne sono stati mai colpiti potrebbero esserlo in futuro. Lo scorso marzo il Brasile è stato colpito dal primo uragano nella storia del sud Atlantico, e alla fine del 2003 la costa atlantica del Canada è stata investita dalla tempesta del secolo, l'uragano Juan. Potrebbe trattarsi di una coincidenza, ma il governo canadese sospetta invece che tutto dipenda dal riscaldamento globale, e teme per il futuro.

«Quel che è certo, la Terra sta trattenendo più energia e tutta quest'energia dev'essere dispersa in qualche modo», spiega Battisti. Altro elemento per gran parte trascurato nell'attenzione focalizzata prevalentemente sugli uragani è poi il numero record di tornado abbattutisi quest'anno sugli Stati Uniti. La National Oceanographic and Atmospheric Administration ad agosto ne ha registrati 173, 47 in più del primato precedente, stabilito nel 1979. Quest'anno anche l'Iowa ha toccato un record per numero di tornado, arrivando a quota 110 (negli ultimi 30 anni la media era sempre stata di appena 45). Per quanto riguarda inoltre i temporali, «esistono numerose prove del loro aumento di intensità e frequenza negli Stati Uniti», spiega Trenberth. Il mutamento di condizioni atmosferiche e degli oceani, legato al riscaldamento globale, rende anche meno utile il riferimento a cicli e pattern climatici passati nell'elaborazione di previsioni per il futuro, conclude Battisti. «Fra 50 anni, il contesto sarà così diverso da oggi che tali cicli risulteranno assolutamente stravolti».

© Wired News

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