L'URAGANO IVAN
è una delle tempeste
più violente abbattutesi sull'Atlantico di recente. Ma secondo gli
esperti di clima, in futuro il ripetersi di eventi del genere avverrà
molto più di frequente, in virtù del fenomeno del riscaldamento
globale. «Il riscaldamento globale sta creando condizioni
particolarmente favorevoli allo sviluppo di uragani che diventeranno
via via sempre più potenti», spiega
Kevin Trenberth, capo della sezione Analisi climatiche del
National Center for Atmospheric Research di Boulder, in Colorado.
Sebbene pochi esperti del settore ammettano apertamente la cosa, è
indiscutibile che attualmente la Terra trattiene più energia solare
che in passato. Le emissioni di gas come l'anidride carbonica creano
un ulteriore filtro che impedisce al calore di disperdersi nel cosmo.
L'energia extra prodotta da tale "effetto serra" ha già generato un
aumento di circa un grado della temperatura del pianeta, stando a
quanto affermato nella relazione del 2001 dell'Intergovernmental
Panel on Climate Change. Il rapporto si basa su osservazioni e
studi di oltre 2500 scienziati di circa cento paesi.
Come nasce un uragano
Per formarsi, gli uragani hanno bisogno di acqua calda, e gli oceani
si stanno surriscaldando, fenomeno dimostrato dal fatto che il livello
globale dei mari si è alzato negli ultimi dieci anni di oltre tre
centimetri, continua Trenberth. L'aumentare del caldo, infatti, è il
principale responsabile dell'innalzamento delle acque del pianeta, in
virtù della cosiddetta espansione termica, lo stesso processo per cui
una pentola d'acqua messa a riscaldare su un fornello finisce per
traboccare. Il surriscaldamento degli oceani non procede in maniera
uniforme - il nord Pacifico e il nord Atlantico nello stesso decennio
si sono mantenuti più freschi - ma il medio Atlantico e le acque
caraibiche, dove di solito si generano gli uragani, hanno visto un
considerevole aumento delle temperature e, quel che è più importante,
una concentrazione significativamente maggiore di vapore acqueo
nell'aria.
Il vapore acqueo e l'umidità dell'aria sono il combustibile
privilegiato degli uragani. Per riuscire a produrre abbastanza vapore
acqueo da formare un uragano un oceano deve raggiungere minimo una
temperatura di 27 gradi. La ricerca del team di Trenberth ha stabilito
che i livelli di vapore acqueo nella zona degli uragani oggi sono in
media il 15 per cento superiore a quelli di 20 o 30 anni fa. Quali
saranno le conseguenze? Forse più tempeste di categorie 4 o 5? «È una
conclusione logica, sebbene per certi versi controversa», commenta
Trenberth. Prima di investire Cuba, Ivan era un categoria 5 della
scala Saffir-Simpson, che classifica gli uragani con valori
compresi tra l'uno e il cinque a seconda della velocità dei venti e
del potenziale distruttivo. Nei categoria 5 il vento soffia
costantemente a oltre 300 chilometri orari. All'epoca Ivan aveva
raggiunto i 400, affermandosi come sesto uragano più potente mai
registrato nel bacino Atlantico.
Impossibile fare previsioni
Per formarsi gli uragani hanno bisogno di condizioni idonee: acqua
calda e alta concentrazione di vapore sono solo due degli ingredienti
irrinunciabili, precisa
David Battisti, esperto di scienze atmosferiche alla University of
Washington. Ma il riscaldamento globale sta significativamente
incrementando le possibilità di uragani e cicloni più violenti e più
intensi. Dove si verificheranno tali eventi, prosegue Battisti, è
difficile da prevedere. Le zone tradizionalmente interessate dagli
uragani potrebbero non vedere nessun cambiamento, mentre paesi che non
ne sono stati mai colpiti potrebbero esserlo in futuro. Lo scorso
marzo il
Brasile è stato colpito dal primo uragano nella storia del sud
Atlantico, e alla fine del 2003 la costa atlantica del Canada è stata
investita dalla tempesta del secolo, l'uragano Juan. Potrebbe
trattarsi di una coincidenza, ma il
governo canadese sospetta invece che tutto dipenda dal
riscaldamento globale, e teme per il futuro.
«Quel che è certo, la Terra sta trattenendo più energia e tutta quest'energia
dev'essere dispersa in qualche modo», spiega Battisti. Altro elemento
per gran parte trascurato nell'attenzione focalizzata prevalentemente
sugli uragani è poi il numero record di tornado abbattutisi quest'anno
sugli Stati Uniti. La
National Oceanographic and Atmospheric Administration ad agosto ne
ha registrati 173, 47 in più del primato precedente, stabilito nel
1979. Quest'anno anche l'Iowa
ha toccato un record per numero di tornado, arrivando a quota 110
(negli ultimi 30 anni la media era sempre stata di appena 45). Per
quanto riguarda inoltre i temporali, «esistono numerose prove del loro
aumento di intensità e frequenza negli Stati Uniti», spiega Trenberth.
Il mutamento di condizioni atmosferiche e degli oceani, legato al
riscaldamento globale, rende anche meno utile il riferimento a cicli e
pattern climatici passati nell'elaborazione di previsioni per il
futuro, conclude Battisti. «Fra 50 anni, il contesto sarà così diverso
da oggi che tali cicli risulteranno assolutamente stravolti».
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